Spumantitalia, il futuro della bollicina italiana è nei vitigni autoctoni

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MILANO - Se nel 2005 erano appena una trentina le aziende italiane a produrre spumante metodo classico da vitigni autoctoni, come ha ricordato Gianluigi Orsolani dell'omonima azienda piemontese che all'epoca già si dedicava alla bolla di erbaluce, oggi sono proliferate e la direzione in cui si va è proprio quella della valorizzazione delle uve tipiche, capaci di trasmettere tutta la personalità dei territori che, da nord a sud, hanno tanto da raccontare.
Un trend in forte ascesa, come è emerso dall'ultima edizione di Spumantitalia, appena andata in archivio dopo due intense giornate che sono state come al solito occasione di approfondimento e studio del variegato mondo delle bollicine tricolore.
Per la sesta edizione della kermesse Bubble's Italia ha scelto Milano, nella straordinaria e centralissima location dei Chiostri, mettendo sul tavolo una serie di riflessioni in cui non sono mancati assaggi interessanti: dal catarratto con le sperimentazioni portate avanti dall'Istituto regionale vini e oli (Irvo) della Sicilia alla vernaccia di Serrapetrona, passando per i vitigni internazionali, intramontabili come il Pinot nero e le sue varie espressioni, dalle tecniche come il metodo Marone Cinzano fino alla storia che, regione per regione, dimostra come la spumantizzazione in Italia abbia radici ben più antiche di quel che generalmente si crede.
"Una kermesse riuscita alla grande che ha suscitato grande interesse", commenta l'organizzatore Andrea Zanfi di Bubble's Italia. "C'è una presenza di una intellighenzia nell'ambito degli addetti ai lavori che mi ha entusiasmato! Tanti anche i produttori presenti che hanno portato degli spumanti veramente curiosi ed estremamente interessanti, che hanno molto da dire come hanno dimostrato durante le masterclass".
Se si dovesse indicare una parola d'ordine per sintetizzare l'evento, sicuramente autoctono è quella giusta: sono questi i prodotti che sorprendono, capaci di trasmettere molto di più di quel che si trova nel bicchiere perché portatori di storie ed esperienze di cui l'Italia è ricca.
"Il futuro è l'autoctono", conferma Zanfi, "c'è una territorialità e una sua riconoscibilità che può avvenire attraverso i suoi vitigni. Se i bianchi e i rossi di determinati territori hanno avuto successo, anche la spumantistica di questi territori deve avere successo. Non è facile perché fare una bollicina con un autoctono è molto ma molto complesso".
Per la bollicina infatti, ha fatto osservare l'editore di Bubble's, "ci vuole scienza e conoscenza, attenzione, grande disponibilità al sacrificio e servono anni di esperienza".
Un mosaico composito in mostra a Spumantitalia, che conferma anche quanta storia ci sia nella spumantizzazione in Italia, contrariamente a quanto comunemente si crede. Come ad esempio nelle Marche oppure in Sicilia, dove nell'ottocento si parlava - e scriveva - di champagne dell'Etna.
"Sull'Etna il primo è stato il barone Spitaleri, ma gli spumanti si producono anche in zone di collina e di pianura", ha ricordato Gianni Giardina, presidente dell'Irvo, facendo notare come questa tecnica non esprima il meglio solo con uve coltivate ad alta quota. "Sono spumanti che suscitano interesse e danno soddisfazioni, anche in pianura si riesce a ottenere un prodotto di altissima qualità".
L'Istituto regionale vini e oli insieme al Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria) sta portando avanti un progetto di valorizzazione di vitigni autoctoni, come il catarratto - degustato in anteprima a Spumantitalia - al quale si aggiungeranno in seguito frappato, grillo, nero d'avola, nerello mascalese e perricone.
"Insieme al Crea stiamo lavorando anche per mettere a punto delle varietà restitenti partendo dai nostri autoctoni", ha spiegato Salvatore Sparla, enologo dell'Irvo che ha la propria cantina sperimentale a Marsala (Trapani).
Tra le numerose opportunità di assaggio, a Spumantitalia oltre al catarratto - cinque sperimentazioni che si differenziano per i lieviti utilizzati - , la Vernaccia di Serrapetrona spumantizzata dall'azienda Alberto Quacquarini, considerato l'unico rosso docg a fare tre fermentazioni, un Asti docg ottenuto con metodo Marone Cinzano - il cosiddetto metodo misto, che prevede prima la rifermentazione in bottiglia e poi il travaso in autoclave - e alcuni Prosecco di Conegliano Valdobbiadene fuori dai cliché.
Circa novanta le aziende presenti con oltre 200 etichette in rappresentanza di tutte le regioni italiane alla due giorni milanese che si è conclusa ieri e si è sviluppata attraverso un fitto programma di masterclass, due talk e un banco d'assaggio offrendo momenti di confronto, riflessioni, degustazioni e approfondimenti.

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