TRE ANNI DOPO le lezioni sui Sillogismi della Filosofia, un'ultima riflessione sulla profonda ragione teoretica che ha impedito a Hegel di esporre il suo sistema secondo il suo ultimo sillogismo
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@MANUELUBERTI9 ай бұрын
Grazie professore per questo prezioso contenuto. Sembra ieri che ci dava le tre lezioni sui Sillogismi della Filosofia per approfondire l'argomento del corso. Ancora oggi le considero tra i migliori e più stimolanti spunti nella mia esperienza a Ca' Foscari.
@luciocortella61319 ай бұрын
Dev'essere stato parecchi anni fa. I sillogismi della filosofia mi hanno "intrigato" fin da quando ho cominciato a confrontarmi seriamente con Hegel negli anni novanta (per poi ritornarci più volte).
@carlosdaviddanieli80086 ай бұрын
Hegel è meraviglioso, sono innamorato. Grazie, professore
@gasparedantoni20566 ай бұрын
Salve professore, grazie infinite per questi magnifici spunti. Volevo chiederle che rapporto vede tra la negazione determinata e la negazione assoluta analizzata nell'essenza come riflessione ai fini del procedimento dialettico?
@luciocortella61316 ай бұрын
La negazione determinata è rivolta nei confronti della finitezza (nelle sue varie forme: logico-categoriali, naturali, empiriche, storiche, spirituali, etc.). Hegel spesso la collega alla “negatività semplice”, quella che caratterizza il finito (l suo essere se stesso e il proprio opposto). La “negazione assoluta” dell’essenza è la negatività che l’assoluto rivolge a se stesso, la sua impossibilità di essere sostanziale, essenza, fondamento, ovvero il suo essere costituito esclusivamente dalla incessante negazione della finitezza. Nelle pagine finali della Logica Hegel qualificherà questa negazione assoluta come “negazione della negazione” (che per Hegel è un “positivo”, ma solo nel senso che quella negazione della negazione non si capovolge nell’opposto, ovvero - in altri termini - è una mediazione “tolta”, dunque immediatezza). La negazione assoluta è necessariamente preceduta dal processo della negazione determinata, è il suo risultato. Altrimenti sarebbe un presupposto. Ma è quel risultato che rende possibile ("ontologicamente") il processo che lo ha ("geneticamente") preceduto e legittimato. Le due negazioni perciò si implicano reciprocamente (anche se in sensi diversi).
@gasparedantoni20566 ай бұрын
Professore, la ringrazio vivamente sia per la profondità che per la chiarezza della risposta, le auguro una buona serata.
@andreacastagnetti5819Ай бұрын
Professore, grazie. Lei dice nel video che l’assoluto, secondo Hegel, non può essere presupposto. Tuttavia, e questa è l’osservazione che vorrei fare alla sua affermazione, il processo delle negazioni (“toglimenti”), che è processo di deduzione (la dialettica), ha valore solo se avviene all’interno dell’assoluto (ossia se ha verità). Solo se questo processo è lo stesso esporsi dell’assoluto. Se la fine del processo è tornare all’inizio, il circolo, è chiaro che, se l’assoluto non fosse presupposto, non ci sarebbe un inizio a cui tornare come fine del processo deduttivo (di autoesposizione dell’assoluto). Certo, solo alla fine emerge nell’assoluto la coscienza che esso era già presente (alle spalle, presupposto) all’inizio e lungo il processo di deduzione. L’assoluto si presenta a se stesso nella sua concretezza solo alla fine, come lei giustamente ha detto. L’assoluto si pone, si concreta, si determina a se stesso lungo il processo di autoesposizione: ma questo “esporsi” è possibile se c’è già l’assoluto che si espone. Se l’assoluto non fosse presupposto, cos’è che si espone lungo il processo? Quale sarebbe il soggetto della frase “l’assoluto espone se stesso”, se l’assoluto fosse solo il risultato finale dell’esposizione? Prima di porsi concretamente, esponendosi nel processo, l’assoluto è presupposto: altrimenti non ci sarebbe processo, inteso come autoriflessione, come ritorno a sé. E, aggiungo, che, solo in quanto l’assoluto è presupposto, esso può mostrare la propria assolutezza senza dimostrazione, senza mediazione, senza dipendere da altro. Solo in quanto l’assoluto torna a se stesso e questo tornare è un movimento interno all’assoluto, non c’è altro, un medio esterno da cui il processo di fondazione dipende.
@luciocortella6131Ай бұрын
Se l'assoluto fosse un presupposto quello hegeliano sarebbe un sistema dogmatico, dal momento che - per definizione - l'assoluto non può essere dimostrato (tesi ribadita da Hegel più volte). L'alternativa sarebbe quella che Hegel - fin dalla Fenomenologia - ha sempre escluso e combattuto: la tesi schellinghiana che dell'assoluto vi è intuizione immediata. Nell'Introduzione alla Fenomenologia Hegel esclude questa possibilità (la tesi che possediamo già la verità) definendola una mera rassicurazione e "una secca rassicurazione vale proprio quanto un'altra". L'alternativa hegeliana a: intuizione immediata, presupposizione, rassicurazione, possesso asserito della verità, è solo la negazione determinata. Ovviamente questa negazione (non una mera deduzione che parte dall'assoluto, ma la sua procedura confutativa che parte dall'opinione o da qualunque sapere) dev'essere vera, ma ciò non significa che essa è identica con l'assoluto. Essa nulla sa dell'assoluto (né come è costituito, né come arrivarci), né presuppone nulla della costituzione dell'assoluto medesimo. La sua è solo la "sua" verità, ovvero la sua capacità di negare il sapere (opposto) con cui si confronta. Il suo procedimento non è dimostrativo ma confutativo (Hegel dice negativo). Perciò il procedimento è sì mediazione ma, in quanto mediazione negativa, mediazione che alla fine si toglie. Sicché l'immediatezza finale è il risultato del toglimento della mediazione (dunque l'assoluto rimane dipendente solo da se stesso). Poi è vero che alla fine scopriamo che quell'assoluto era presente fin dall'inizio (Hegel lo ammette nel primo capoverso dell'Introduzione dicendo che esso "presso di noi"), ma si tratta di una presenza, per così dire, solo "ontologica". Noi non possiamo presupporlo nel nostro procedimento "logico" (altrimenti tutto il nostro procedere sarebbe dogmatico). Quel procedimento logico-confutativo-negativo solo alla fine "sa" di aver "esposto" l'assoluto. Durante il percorso esso sa solo di aver confutato saperi "non veri" e di averne visto progressive verità "superiori". Nulla di più. Il circolo rimane virtuoso e non vizioso. Quello che ho scritto sopra vale per la Fenomenologia, ma sostanzialmente nulla cambia nella Logica. Anche qui Hegel chiarisce che l'inizio della Logica non è il suo fondamento (da cui si dedurrebbero le categorie come sue conseguenze) ma solo "cominciamento" e come tale "astratto". All'inizio abbiamo cioè il massimo di lontananza dalla verità. La presa di distanza da Fichte (e dalla sua idea che si parte dal "principio primo") non potrebbe essere più netta. E il procedimento logico è cammino dal cominciamento al fondamento (la verità è l'idea non l'essere), un procedimento che - anche qui - è solo negativo (noi diremmo confutativo). E infatti Hegel chiarisce che il procedimento apparentemente va "avanti", mentre invece è un "tornare indietro al fondamento": dal condizionato alla sua condizione.
@andreacastagnetti5819Ай бұрын
@@luciocortella6131 Professore, grazie di nuovo. Se per “presupposto” si intende che l’assoluto stia, compiuto, e che a esso si abbia accesso per intuizione immediata, certo, niente è più lontano di questo dalla filosofia di Hegel, siamo d’accordo (e anche Hegel usa il termine spesso in questo senso) . Tuttavia, se consideriamo la fenomenologia dello spirito e lo sviluppo della coscienza in essa esposto e ci immedesimiamo in quella coscienza, dal punto di vista di quella coscienza, l’assoluto è ciò che le sta a fondamento, che la muove e di cui essa coscienza non è consapevole se non alla fine (ciò che le sta alle spalle). In questo senso, rispetto alla coscienza che si sviluppa, come esposta nella fenomenologia, l’assoluto è “presupposto”, nel senso che è fondamento di cui la coscienza non è consapevole lungo il suo percorso. Nel suo percorso, la coscienza porta progressivamente alla luce ciò che le era al fondo fin dall’inizio, quello che la comprendeva e la muoveva. In questo senso andare avanti (il percorso che porta alla consapevolezza) è tornare indietro, al fondamento (in quanto la consapevolezza è appunto che il fondamento, l’assoluto era alle sue spalle fin dall’inizio). E il movimento dialettico può avere verità e necessità solo in quanto quella coscienza che si sviluppa è già inclusa nella verità. Nelle varie tappe la coscienza può scoprirsi come non vera solo in quanto in essa già agisce la verità. Lei scrive: “Essa nulla sa dell'assoluto (né come è costituito, né come arrivarci), né presuppone nulla della costituzione dell'assoluto medesimo. La sua è solo la "sua" verità, ovvero la sua capacità di negare il sapere (opposto) con cui si confronta.” “E infatti Hegel chiarisce che il procedimento [...] va […] dal condizionato alla sua condizione.” D’accordo che la negazione nulla sappia dell’assoluto. Ma la negazione dovrà pur essere inclusa nell’assoluto, nella verità (senza esserne consapevole), se si ammette che la sequenza delle negazioni sia una sequenza necessaria. Da dove vien fuori questa necessità, se ogni negazione determinata non è già legata all’assoluto, pur non essendone consapevole? E ancora, lei dice che ogni negazione determinata non sa come arrivare all’assoluto. Certo, ma ci arriva. Quindi questo sapere da qualche parte deve venir fuori. Se ogni negazione determinata si fermasse alla sua verità, ci sarebbe una successione senza fine di opinioni che si negano a vicenda e non certo un percorso necessario di sviluppo (progressivamente più concreto verso l’assoluto). E ancora, se l’assoluto non fosse presente fin dall’inizio alle spalle (nell’inconscio se mi passa il termine) della negazione, come si farebbe a sapere che si è arrivati all’assoluto? Di certo una negazione determinata, una verità mia o sua, una opinione non può riconoscere di essere arrivata a conoscere l’assoluto. E, infine, anche nel video lei indica che Hegel sostiene che “l’assoluto non può essere dimostrato”. Va bene. Anche Aristotele del principio assoluto dice che non può essere dimostrato ma se ne può mostrare l’assolutezza (innegabilità) per confutazione e mostra che ogni negazione del principio si toglie. Ma si toglie perché in essa già agisce il principio che vorrebbe negare e senza del quale la negazione non riesce a costituirsi. Non è che la validità (assolutezza) del principio sia risultato del toglimento delle negazioni, ma è proprio perché il principio si estende alle negazioni (le include), che esse si tolgono. Così nella fenomenologia dello spirito, proprio perché ogni figura della coscienza è già nella verità senza esserne consapevole, essa si supera, si mostra come non vera.
@luciocortella6131Ай бұрын
Ribadisco. L'assoluto è presupposto ontologico, non logico né epistemologico. Altrimenti ci avviteremmo in un circolo vizioso: dimostreremmo ciò che già presupponiamo. Ovvero circolo logico e dogmatismo. Al contrario, la negazione determinata non presuppone (logicamente-epistemologicamente) alcunché. Per questo Hegel la ritiene l'unica via per l'assoluto. Su questo ho scritto in abbondanza.
@andreacastagnetti5819Ай бұрын
@@luciocortella6131 E’ peculiarità del pensiero, della trasparenza del pensiero quella di presupporre se stesso senza creare un circolo vizioso. Il pensiero si muove, si determina, si concreta includendo se stesso. Quindi, credo, non siamo d’accordo. Ma proprio per questo approfondirò con grande interesse leggendo i suoi scritti sull’argomento. La ringrazio di nuovo delle risposte e in generale del canale, che è occasione più unica che rara.